Il caso di Giorgio. Di Gloria Sardo
L’incontro con i genitori
I genitori di Giorgio giungono al Servizio di Psicologia dell’Età Evolutiva per una valutazione cognitiva. Giorgio ha 7 anni e presenta una diagnosi di Disturbo evolutivo specifico della funzione motoria ed una di Disturbo del linguaggio espressivo; ha già effettuato una visita neuropsichiatrica, con la quale è stata rilasciata una certificazione di Esigenze Educative Speciali, e da tempo segue un percorso logopedico ed uno di neuropsicomotricità.
La problematica più evidente di Giorgio riguarda la difficoltà nei movimenti fini e l’espressione del linguaggio, per cui talvolta risulta difficile capire cosa dica. A scuola fa fatica a stare al passo degli altri, a volte non vuole fare ciò che viene richiesto dalla maestra o viene richiamato perché si distrae facilmente.
I genitori si dimostrano da subito collaborativi e, al momento dell’anamnesi, raccontano che Giorgio ha un fratello gemello di nome Simone e di averli avuti in seguito ad una fecondazione in vitro che ha avuto successo al primo tentativo. I due, seppur gemelli, sono sempre stati piuttosto diversi, anche fisicamente. Giorgio, in particolare, ha raggiunto le tappe dello sviluppo un po’ più lentamente e sembra più piccolo rispetto al gemello; ha cominciato a parlare verso i 3 anni e ha raggiunto la deambulazione autonoma verso i 19 mesi. Tra i due gemelli, comunque, sembra esservi sempre stato un rapporto sereno ma, essendo piuttosto diversi, solitamente non giocano insieme e amano fare cose differenti. Giorgio ama giocare con le costruzioni e con i supereroi ed è più bravo in matematica rispetto a Simone, tanto da prenderlo un po’ in giro quando non riesce a fare qualcosa. Nonostante la diversità, i due gemelli non manifestano una particolare conflittualità e, anzi, dal racconto dei genitori sembra che Giorgio sia anche protettivo con Simone; raccontano, a tal proposito, di un episodio avvenuto a scuola, quando Simone ha litigato con alcuni compagni e Giorgio è subito accorso in sua difesa. Allo stesso tempo, però, Giorgio sembra risentire di avere difficoltà motorie che il fratello non ha e questo risulta evidente, ad esempio, quando praticano Viet Vo Dao (un’arte marziale), insieme al padre; Giorgio, infatti, non ama andarci poiché accusa il fatto di rimanere indietro rispetto al fratello.
Nonostante le difficoltà, per cui ad esempio è necessario aiutarlo a lavarsi e vestirsi, Giorgio viene descritto dai genitori come più “autonomo e indipendente” del gemello, il quale invece è molto attaccato alla madre tanto da dormire nel lettone insieme a lei, costringendo il padre a dormire nel suo lettino, in stanza con Giorgio. Quest’ultimo viene descritto come più simile al padre, anch’egli più indipendente, mentre il gemello Simone sarebbe più simile alla madre, più coccolone. Durante il colloquio anamnestico con i genitori, inoltre, emerge che la madre soffre di fibromialgia da un anno.
Sulla base delle informazioni emerse e in accordo con la mia tutor, decido di vedere Giorgio per una valutazione psicodiagnostica, utilizzando il gioco, il disegno, il test cognitivo WISC-IV e le Favole della Düss. Gli incontri di valutazione saranno in totale 8.
Giorgio
Durante i primi incontri, Giorgio appare piuttosto silenzioso e discretamente collaborativo. Inizialmente mi pare intimidito, ma particolarmente interessato a osservare e tentare di controllare lo spazio intorno a sé o le attività da svolgere, alzandosi spesso per esplorare la stanza o volendo decidere cosa fare; sembra essere in ansia in una situazione per lui nuova, a cui forse non osa opporsi apertamente. Non sembra abbia molta voglia di parlare, ma risponde volentieri a qualche domanda e, piuttosto, esplora la stanza in cerca di giochi o cose da fare. Di fronte ai giochi, predilige i Lego, per i quali chiede il libretto d’istruzioni in modo da riprodurne i modelli e, forse, ridurre al minimo l’imprevisto; mi colpisce questa richiesta, insolita per un bimbo della sua età, come se avesse bisogno di avere un’ancora e qualcosa di certo a cui affidarsi. Nel riprodurre i modelli, si impegna molto ed è evidentemente concentrato per via della difficoltà manuale con i piccoli pezzi. Tuttavia, di fronte all’insuccesso rinuncia immediatamente, forse per la frustrazione, provando a realizzare un altro modello e poi un altro ancora. Cerco di aiutarlo, ma preferisce far da sé; questo smettere e ricominciare dura un po’, ma dopo qualche tentativo fallito, Giorgio lascia perdere i Lego e si alza per esplorare la stanza in cerca di altri giochi. Spesso, nel bel mezzo di un’attività (gioco o disegno), Giorgio la interrompe per cominciarne un’altra o per cercare nuovi giochi, facendone proprio richiesta, come se fosse sempre insoddisfatto.
L’altro gioco che Giorgio fa più volentieri è il combattimento fra supereroi; li fa volteggiare e scontrare lanciandoli in aria, simulando proprio dei combattimenti e spiegando che, anche se lottano, in realtà i due supereroi sono amici e si allenano insieme; altre volte, uno dei due è il cattivo. Anche i giochi che fa con me sono solitamente delle sfide in cui, oltre a decidere le regole, sembra voler vincere a tutti i costi, accusandomi anche di imbrogliare.
Giorgio non ama molto disegnare, come riportano anche i genitori, infatti, soprattutto le prime volte è necessario spronarlo. Immagino che il motivo principale sia la sua difficoltà manuale, infatti spesso disegna in modo sbrigativo e sembra imbarazzarsi nel momento in cui sbaglia qualcosa, tanto da interrompere l’attività. Mi colpisce quando Giorgio, di sua iniziativa, traccia su un foglio il contorno delle sue mani, numerando poi ogni dito, come se le avvertisse come un suo “punto debole” e avesse bisogno di definirle per renderle più “solide” ed averne un maggiore controllo.
Nei suoi disegni riproduce principalmente supereroi, come Lanterna Verde, che è uno dei suoi preferiti, o altri personaggi fantastici. Si dimostra invece meno disposto a realizzare disegni specifici, come quello della famiglia: quanto più la richiesta appare emotivamente pregnante perché più vicina alla realtà quotidiana e lontana da un mondo fantastico, tanto più sembra generare ansia e il tentativo di sottrarsi tramite l’oppositività e la fuga in altre attività. La tensione si esprime in modo indiretto, per esempio calcando eccessivamente il pennarello sul foglio tanto da bucarlo e provocare così il blocco dell’attività.
I pochi disegni della famiglia che Giorgio realizza sono particolari, poiché sembra che gli risulti difficile rappresentare una situazione in cui vi siano più di due persone: realizza un disegno in cui è presente una coppia che non ha voluto figli e un altro con due fratelli orfani. Anche nelle Favole della Düss appaiono spesso figure singole o coppie; durante questo test Giorgio si dimostra collaborativo, ascoltando con attenzione le storie e rispondendo con impegno e fantasia. Ogni tanto prova ad invertire i ruoli, spostando i fogli o raccontando lui qualche storia, come quella di Cappuccetto Rosso o, ancora, chiedendo quanto manchi alla fine del test. Tuttavia, se cerco di limitare il suo potere di controllo, e con esso la fatica nel controllare tutto, lui ascolta ed accetta la mia guida, come se fosse sospeso tra il voler sempre fare da solo e il bisogno di essere visto e guidato. Come accennato sopra, anche nelle Favole della Düss traspare una certa fatica di Giorgio nel rappresentare relazioni fra più di due persone ed emerge il suo senso di “autonomia” e il voler “fare da solo”, come raccontato dai genitori. Lo stesso elemento emerge dalla WISC-IV: in una prova, Giorgio risponde molto bene finché si trova a dover accomunare due immagini simili (per esempio, una quercia e un abete), mentre non riesce a fare la stessa cosa con tre immagini, andando in confusione nonostante le ripetute spiegazioni e sebbene fino a poco prima avesse compreso il compito. In generale, nel test cognitivo Giorgio raggiunge punteggi discreti, ottenendo un QI di 88, nella norma rispetto alla sua età ma leggermente basso, probabilmente per via della sua ansia e conseguente distrazione.
Un altro elemento significativo che emerge dalle Favole della Düss è la sua “identificazione” con il padre, rappresentato come protettivo ed accudente: in un finale inventato da Giorgio, il protagonista, un agnellino che si trova a dover dividere il latte materno con il fratellino appena nato, diventa padre lui stesso per poter allattare il fratello. Quanto raccontato da Giorgio mi sembra denso di significato: emerge un “padre materno”, nel quale si identifica per accudire il fratellino, ed emerge anche il suo sentirsi diviso fra l’accudire e l’essere accudito.
Riflessioni
Gli 8 incontri con Giorgio sono stati proficui nell’ottica di una valutazione psicodiagnostica, dalla quale comunque non sono emersi elementi diagnostici significativi, ma dai quali ho tratto delle ipotesi e delle riflessioni che ho riportato ai genitori, in particolare alla madre che era presente all’incontro di restituzione.
Dalle osservazioni effettuate e dalla risonanza nella breve relazione con me, emerge come Giorgio sia consapevole di sé e delle sue difficoltà e come abbia bisogno di mostrarsi in grado di “fare da sé”, senza bisogno dell’aiuto altrui, a volte provando ad invertire i ruoli e volendo decidere cosa fare, forse per paura di richieste a cui teme di non saper fare fronte. Allo stesso tempo, però, chiede conferme ed accetta la mia guida. Sembra anche provare vergogna di fronte a se stesso nel momento in cui avverte di aver sbagliato.
Giorgio si dimostra un bambino capace e sveglio, che però si stanca e distrae facilmente, per cui è necessario spronarlo spesso; questa fatica sembra dovuta all’impegno costante nel sembrare più grande ed autonomo e dal tentativo di controllare tutto per evitare possibili imprevisti.
Emergono quindi come due parti: da una parte Giorgio è un bimbo impacciato e fragile, con tante diagnosi, un Giorgio che sembra più piccolo rispetto alla sua età e rispetto al gemello, che prova ansia e imbarazzo; dall’altra parte emerge, invece, un Giorgio che vuole “fare l’autonomo”, che controlla e osserva tutto, cercando di invertire i ruoli e facendo appello al mondo dei supereroi.
Il modo che Giorgio ha di relazionarsi con me mi riporta alla sua situazione familiare e alle sue dinamiche relazionali, in particolare relative alla madre. Sembra che Giorgio voglia attirare l’attenzione della madre su di sé, esprimendo quella sua parte più fragile e bisognosa di attenzioni, per esempio facendosi aiutare nel lavarsi e vestirsi; la madre, in effetti, è molto preoccupata di portarlo da vari specialisti ed è attenta al suo andamento scolastico; tuttavia, sembra anche molto occupata nella relazione con l’altro figlio, tanto da tenerlo nel lettone con sé, momento dal quale lui è in un certo senso escluso (il terzo escluso). Giorgio, allora, non riuscendo a risvegliare del tutto l’attenzione della madre su di sé, tenta di negare questo suo bisogno invertendo i ruoli, “facendo l’autonomo e l’indipendente”, proprio come raccontano i genitori. La madre c’è, è presente, ma distratta e impegnata nella relazione con l’altro figlio; Giorgio, quindi, è sempre in movimento e occupato in tante cose diverse, spostando la sua attenzione da un’attività all’altra sempre alla ricerca di qualcos’altro, come nella speranza che, di fronte all’errore, le cose possano andare meglio, disvelando la sua parte fragile e nascondendola subito dopo. Giorgio mi ricorda in parte i bambini descritti da Green (1983), sempre in movimento nel tentativo di risvegliare una madre avvertita assente, psichicamente morta; in questo caso, la madre è presente, ma probabilmente avvertita da Giorgio come meno accessibile e, in un certo senso, assente perché distratta dal gemello; perciò Giorgio cerca di “tenerla in vita” e di risvegliare la sua attenzione, con le sue vulnerabilità e stando sempre in movimento. Non riuscendo a nutrire questa sua parte più infantile, si mostra autonomo.
A tal proposito, mi viene in mente anche Winnicott (1971) quando parla della funzione di specchio della madre e della famiglia: Giorgio, forse, si rispecchia nel modo in cui la madre lo vede o desidera che lui sia; egli osserva la madre, così impegnata nella relazione col fratello, e si rispecchia nell’immagine che la madre ha di lui, quella di un bambino più autonomo e che richiede meno attenzioni, tanto da poter essere gratificato dal fatto di rendere contenta e soddisfatta la madre. Inoltre, sembra identificarsi con il padre: i due sono descritti come simili, cioè autonomi e indipendenti, e dormono anche nella stessa stanza; ma per Giorgio questo padre è anche colui che lo accoglie, che è capace di essere “materno” (nella sua storia, allatta!).
Giorgio potrebbe in parte risentire del confronto con il gemello, descritto come più capace (per esempio nello sport), e tentare quindi di mostrarsi in grado di far da sé, a dispetto delle sue difficoltà motorie, rivalendosi sul fratello quando quest’ultimo non riesce in qualcosa (per esempio, in matematica). Questa rivalità la noto riflessa anche nel gioco con me: sceglie sempre di fare delle sfide, stabilendo le regole e volendo vincere, accusandomi di imbrogliare.
Con il gemello, sebbene non risulti presente un’eccessiva conflittualità, sembrerebbe esservi una certa rivalità; Vallino e Macciò (2008) evidenziano come sia naturale lo strutturarsi di una rivalità tra fratelli e come questa debba essere colta prontamente dai genitori perché non evolva in sentimenti di estraneità ed esclusione una volta divenuti adulti. In particolare, in questo caso la rivalità sembrerebbe legata al “possesso della madre” (Macciò e Vallino, 2004): gli autori mettono in luce che il conflitto fraterno può essere dovuto al possesso della madre e quanto sia importante che i genitori riconoscano ed accolgano il bisogno specifico di ciascun figlio, validando i possibili sentimenti di esclusione e di perdita, aiutandoli ad elaborare i sentimenti di gelosia. In questo caso, seppur non emerga una forte conflittualità, sembrerebbero esservi sentimenti di esclusione in merito alla relazione con l’oggetto, la madre. Giorgio, però, nonostante tali sentimenti, sembra fare un salto: riconosce la possibile fragilità del fratello, che richiede molto la vicinanza della madre, e si propone di accudirlo: nella sua fantasia, lui diventa padre per “allattare” il fratello.
In effetti, come messo in luce da Vallino (1969), i gemelli sono abituati fin dall’inizio della loro vita a dividere le cure e l’amore della propria madre e sviluppano presto sentimenti di solidarietà verso l’altro (il gemello); abituati alla comunanza reciproca, divengono l’uno per l’altro una presenza costante, che allevia la mancanza della madre. “Sul proprio gemello viene investita tutta quella energia, anche aggressiva, che nel bambino singolo verrebbe usata per imparare ad accettare la dipendenza dalla madre, quindi anche la sua assenza, senza eccessive angosce. Ogni gemello diviene per l'altro illusoriamente colui che dimostra che la presenza della madre non è necessaria.” (Vallino, 1969). Tuttavia, la dipendenza dalla madre rimane, anche se negata, ma tale meccanismo di difesa, seppur narcisistico, è utile per rapportarsi al mondo esterno e solidalizzare tra fratelli; infatti, Giorgio è protettivo con Simone, come confermano i genitori e come emerge in seduta. E’ importante, però, che i genitori aiutino i gemelli a procedere verso una propria differenziazione, esprimendo i propri bisogni e le proprie inclinazioni, che non debbono necessariamente essere le stesse (Vallino, 1969). In questo caso specifico, Giorgio e Simone sono piuttosto diversi, quindi sembrerebbe che i genitori siano riusciti a far emergere le giuste differenze tra loro; semmai, talvolta sembrano un po’ distanti.
Un ruolo fondamentale è svolto dal padre, avvertito come base sicura, tanto che nella fantasia di Giorgio riesce addirittura ad “allattare” e a fungere da ispirazione per il figlio; egli è sentito vicino anche fisicamente, dato che dormono nella stessa stanza. Tuttavia, viene da domandarsi se questa situazione possa nuocere alla coppia genitoriale, dato che i due genitori dormono separati, e se tale assetto possa squilibrare le dinamiche relazionali in famiglia. Sembra, infatti, che in questa famiglia si vada “a due”, sempre in coppia; i figli sono accomunati a un genitore o all’altro, tanto che i genitori si dividono anche fisicamente tra la stanza dei figli e quella coniugale. Vallino e Macciò (2008) evidenziano come sia invece la differenziazione, l’affermazione delle diversità, a consentire di costruire legami forti in senso orizzontale, tra fratelli, ed anche a consolidare un’identità di gruppo, familiare.
La madre di Giorgio, poiché il padre non ha potuto esser presente all’incontro di restituzione, ha accolto positivamente gli spunti di riflessione e si è dimostrata anche d’accordo con quanto emerso; mi è parsa molto consapevole e sinceramente interessata a trarre beneficio dalla consulenza, ammettendo la sua fatica nel separarsi dall’altro figlio, Simone.
Essendosi trattato di una valutazione psicodiagnostica, da cui peraltro non sono emersi elementi diagnostici significativi, non si è ritenuto necessario continuare gli incontri per una terapia; forse sarebbe stato utile un supporto alla madre o alla coppia, ma in questi casi ci si scontra con i limiti delle risorse nell’ambito dei Servizi, per cui in quel momento non è stato possibile; il Servizio di Psicologia è comunque rimasto disponibile nel caso la famiglia dovesse avere nuovamente bisogno.
Questo caso mi è stato di grande aiuto per comprendere quanto possa nascondersi dietro una “semplice” valutazione e come anche questa possa essere un’occasione per creare riflessione nell’altro, in questo caso soprattutto nel genitore, così che l’effetto possa estendersi all’intera famiglia e al bambino direttamente interessato.
Riferimenti bibliografici
GREEN A., Narcisismo di vita, narcisismo di morte. Borla, Roma, 1983.
MACCIÒ M. e VALLINO D., Essere neonati: Osservazioni psicoanalitiche. Roma: Borla 2004.
MACCIÒ M. e VALLINO D., “Traumi fraterni”. Studi Junghiani 14, n. 1-2 (2008): 153-167.
VALLINO D., “Se avete due gemelline...”. Il giornale dei Genitori, anno XI, n. 10-11 (ott.-nov. 1969): 33-35.
WINNICOTT D., Gioco e realtà. Armando, Roma, 2006 (Tavistock Publications, London 1971).