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I corsi iniziano venerdì 13 settembre. Per informazioni telefonare alla Dott.sa Rita Sciorato 3396449262

Tesi e tesine

La Pandemia e il valore dell’esistenza. Di Mario Giavotto

In questa tesina valuterò aspetti etologici e/o psicologici correlati ai vari divieti/decreti imposti dal governo e alle loro possibili conseguenze. Prenderò in considerazione uno spunto di riflessione legato al pensiero di Renè Spitz e alla depressione anaclitica correlata alla mancanza di contatto, alle difese messe in atto per negare l'angoscia e per negare il nostro “profondo” (in particolare la difesa maniacale descritta da Winnicot).

 

Cercherò di illustrare la mancata internalizzazione delle regole, la presa in carico del governo da parte della scienza con una visione dell'essere umano unicamente centrata sul corpo e la perdita di una visione olistica dell'individuo con la possibile conseguente mancanza di elaborazione e “pensiero” rispetto alle angosce, paure, sensazioni, sentimenti. Prenderò in esame anche il senso di disorganizzazione diffuso, correlato ad informazioni spesso incoerenti e ad una gestione quasi totalmente autoritaria. In conclusione saranno ipotizzate possibili conseguenze correlate alla dissolvenza delle poche certezze che ancora erano rimaste, all'esperienza traumatica della deprivazione affettiva e alla modalità di gestione dell'epidemia covid-19.

Una breve descrizione della mia situazione:


In questo periodo svolgo la mia attività professionale nei territori di Varese, Milano e Bergamo. Sono docente di sostegno presso una scuola media in provincia di Varese, svolgo la libera professione come psicologo presso studi professionali in provincia di Varese e Milano. Lavoro come supervisore in diverse comunità terapeutiche a Varese e in provincia di Bergamo e collaboro come volontario presso la Croce Rossa Italiana nel Servizio Psicosociale (SEP) come volontario e mi occupo di Anti-violenza.
Vivo in una villa bifamiliare immerse in un parco naturale, in provincia di Varese, molto vicina alla Svizzera e posizionata tra le provincie di Milano, Como e Varese e mi prendo cura di un familiare ultraottantenne, invalido al 100% e ho molte conoscenze nella provincia di Pavia dove ho studiato e vissuto per oltre 20 anni.


Ho condiviso queste informazioni di carattere personale per descrivere quanto io sia stato immerso fin dall'inizio in questa pandemia con una posizione in assoluta prima linea; mi trovo nella regione più colpita d'Italia e d'Europa, ho la responsabilità di un familiare che per età e patologie è in fascia di assoluto rischio e ho avuto immediatamente contatto, anche se in modo indiretto, con il paziente “uno” in quanto una persona a me molto cara, avendo lavorato nei pressi di Codogno è stata immediatamente coinvolta dalla quarantena e dall'angoscia del possibile contagio; in quella situazione, anche se telefonicamente, ho cercato di esserle di aiuto.
 Quindi anche se indirettamente già dal 21 febbraio sono stato immerso nella problematica covid-19 e ulteriormente attivato dalla necessità di tutelare i miei familiari.


Nel giro di pochi giorni mi sono reso conto che in qualche modo socialmente, si stava mettendo in atto una sorta di negazione.
 All'inizio quando il problema covid riguardava la Cina, circolava l'idea, più o meno espressa, che problema non riguardasse il virus o la possibile epidemia covid-19 ma la Cina stessa era percepita come un “oggetto cattivo”, non reso pericoloso dal virus.


Successivamente quando l'epidemia si è spostata in Italia il resto del mondo ha fatto la stessa cosa: “Il problema era l'Italia e gli Italiani” come se si volesse totalmente negare la possibilità di essere coinvolti, spostando tutta l'angoscia e la negatività sui paesi che venivano colpiti, questo ha portato addirittura ad utilizzare il sarcasmo e lo scherno da parte di alcuni stati, forse come tentativo appunto di rimuovere il problema e spostare l'angoscia dalla pandemia ai paesi colpiti come se collettivamente fossimo incapaci di mentalizzare il problema. 
Nel giro di poco tempo il governo e il mondo scientifico hanno dato l'allarme, eravamo in piena pandemia e immediatamente sono diventate introvabili alcool, mascherine e test, in totale incongruenza con le necessità di protezione e prevenzione.

Immediatamente è stata utilizzata la metafora della guerra, suggerendo ai cittadini la metafora del soldato (che deve ubbidire e non pensare); medici e infermieri, totalmente abbandonati, a livello di possibilità di tutela della propria incolumità, sono diventati “gli eroi in prima linea”, ai quali non sono mai state forniti strumenti idonei, ne test preventivi di controllo in numero sufficiente; tutto questo era sotto gli occhi di tutti con un disarmante senso di impotenza collettiva generato dalla paradossalità della sua incongruenza.

A questo punto sono “esplose” informazioni più o meno attendibili che andavano in tutte le direzioni creando una situazione di “disorganizzazione”, pensando ad alcuni riferimenti legati alla teoria dell'attaccamento, non era possibile seguire/costruire “un modello operativo interno”, un pensiero che potesse organizzare informazioni tanto discordanti e incongruenti.
 Analizzando gli eventi, correlati alla gestione politica, non c'è stato alcun “pensiero volto al pensare”, al sentire, al capire, al comprendere, non c'è stato alcuno spazio di “mentalizzazione” del problema ma soltanto azione. Un'azione volta alla sola tutela del corpo, attraverso divieti sanciti in modalità autoritaria e il totale affido del governo alla scienza; tanto che in molti hanno utilizzato il termine di “scienzocrazia”.


L'uomo era stato declassato a puro corpo, non più un essere olistico fatto di affetti, di relazioni, di pensieri, di famiglia, di emozioni ma un organismo “vuoto” da tutelare ed il nemico erano gli altri esseri umani, non più libera scelta, non più abbracci, non più strette di mano, non più baci, non più assembramenti tutto emanato in forma di divieto autoritario pena la reclusione o multe altissime; non è mia intenzione entrare nel merito di un giudizio di come siano state gestite le cose ma nel “modo” e nelle possibili ripercussioni psicologiche che possono aver causato.
I cittadini sono stati percepiti e gestiti assolutamente come un gregge, nel quale, le pecore dovevano rimanere isolate; considerando ogni singolo individuo come un “cucciolo di animale uomo”, privo di un mondo interiore, e incapace di aver al suo interno “una legge” che fosse espressione interiorizzata della volontà soggettiva di tutelarsi, come fossimo tutti bambini molto piccoli.

L'individuo è stato quasi totalmente deresponsabilizzato nelle sue possibilità di scelta e l'unica modalità possibile era seguire alla lettera le istruzioni, e ancora una volta paradossalmente le istruzioni sono diventate sempre più complesse e burocratizzate tanto da rendere il modulo di autodichiarazione una barzelletta, barzelletta che se non veniva rispettata era possibile incorrere in sanzioni pesantissime fino al penale con eccessi di autoritarismo che sono arrivati fino all'inseguimento, in diretta televisiva, di un runner sulla spiaggia con un elicottero, costruendo l'immagine del corridore/ciclista come untore del terzo millennio e per un breve periodo sono stati bersaglio d'odio da parte della popolazione.


Pensando a questa visione etologica dell'uomo da parte della scienza mi è venuto in mente il Testo di Desmon Morris “La scimmia nuda, studio zoologico dell'animale uomo” e ho provato a considerare anche da un punto di vista etologico/genetico i fatti che stavano accadendo e mi sono reso conto che il divieto di assembramento andava a colpire un istinto radicato in noi molto profondamente e scritto nel nostro codice genetico.
 L'uomo, nato come animale che viveva in branco con un branco di circa 10/20 soggetti, veniva relegato alla vita in solitaria. Ancora una volta senza un giudizio sui fatti accaduti ma con lo sguardo rivolto alla conseguenze “interne” psicologiche/emotive dei vari divieti; mi sono reso conto che il divieto di assembramento era in realtà il divieto di branco, e quindi andava a colpirci nel profondo ma nello stesso tempo sentivo che “il profondo” veniva completamente ignorato e l'unico spazio concesso era il “fare le cose giuste”, aderire a comportamenti idonei; in questo clima autoritario, era permesso, però, alle ditte che vendevano online di proporre mascherine e prodotti disinfettanti a prezzi che a volte superavano un ricarico del 1000% e contemporaneamente in tutte le reti televisive con il ritmo delle pubblicità (circa ogni quarto d'ora), veniva rilanciato il jingle dei comportamenti corretti da eseguire arrivando ad una vera propria modalità di persuasione e di ossessione.


Ancora una volta queste scelte politiche spostavano totalmente l'individuo nella posizione di soggetto deresponsabilizzato e privo di una dimensione interiore; tutto questo mi ha fatto pensare al concetto di difesa maniacale nella reinterpretazione di Winnicott cioè ad fuga dalla possibilità di sentire/interpretare, per evitare qualsiasi contatto con la dimensione del profondo percepita come la fonte dell'angoscia.
“...fa parte della propria difesa maniacale l'incapacità di dare alla realtà interna il suo pieno significato. Esistono, nella propria capacità di rispettare la realtà interna, delle fluttuazioni che sono collegate con l'angoscia depressiva che esiste in noi...man mano che le sue angosce depressive si riducono come risultato dell'analisi, ed aumenta la credenza degli oggetti interni buoni, la difesa maniacali diventa meno intensa e meno necessaria, ed è di conseguenza meno evidente”.

Tutti gli avvenimenti descritti, così carichi di incongruenze, contraddizioni, mancata considerazione dell'individuo come soggetto capace di scelte e di pensiero autonomo fanno proprio pensare ad un processo “anti-analitico” che potrebbe avere come conseguenza la strutturazione di difese maniacali. Anche il divieto di ricongiungimento andava a colpire aspetti fondanti del comportamento umano, andando a “burocratizzare anche l'amore”. 
Le coppie “a norma”, ufficializzate da un certificato potevano ricongiungersi, mentre tutte le coppie unite da sentimenti, da amore, da desiderio, da affetto, da una relazione non erano considerate “certificate” e quindi non avevano il diritto di esistere e di potersi ricongiungere.

In questo modo veniva colpita nel profondo la coppia e ancora una volta il mio sguardo non è giudicante ma l'intento è quello di mettere in evidenza quanto l'uomo non sia stato considerato nei suoi aspetti interiori, probabilmente anche conseguenza della profonda crisi di valori che la nostra società stava attraversando ben prima della pandemia con un soggetto sempre più teso alla dimensione del narcisismo, dell'apparire, molto lontano dal proprio se interiore, spesso descritto dalla sociologia attraverso lo slogan “compro quindi sono”.
In relazione alla totale assenza di pensiero sugli aspetti emotivi, affettivi nel sancire i vari divieti e in questo clima di incongruenze, contraddizioni e paradossi trovo perfettamente calzante citare Bion:
“Se i dati messi in correlazione tra loro vengono ad armonizzarsi, viene esperito un senso di verità (a sense of truth); è auspicabile che venga data espressione a questo senso (di verità) in un enunciato funzionale ad un enunciato di verità (a truth-functional-statement). Il fallimento nel compimento di questa congiunzione di dati sensoriali, e perciò di coerenza tra i vari sensi (a commonsense view), induce uno stato mentale di debilitazione nel paziente, come se la carenza di verità sia qualcosa di analogo ad una carenza alimentare”. Questo dato mi permette di proseguire questo lavoro analizzando altri due aspetti correlati alla nutrizione sia nel senso stretto del termine sia nella sua accezione più emotiva/affettiva.

Riguardo al primo punto ho potuto osservare che una grandissima fetta di popolazione ha lamentato un aumento significativo di peso, senza dubbio legato all'obbligo della sedentarietà ma potrebbe essere anche interpretato in chiave analitica, usando un'espressione bioniana, come una fame di verità compensata con il cibo.
Il secondo aspetto sulla “fame” mi ha fatto pensare agli esperimenti di Harlow effettuati con i Macachi “La natura dell’amore”: “Questa è per Harlow una scoperta sensazionale, che va oltre tutto ciò che è stato detto fino a quel momento a proposito del legame madre – bambino.  Non c’entra nulla il soddisfacimento della fame e della sete. Sono altre le variabili in gioco. La vera funzione dell’allattamento, afferma Harlow, è quello di assicurare un contatto continuo e intimo” ed è proprio nel contatto intimo e nella relazione affettiva che durante questa pandemia siamo stati profondamente colpiti e feriti, in quanto proprio i contatti intimi da veicolo di vita e di amore sono diventati veicolo di contagio.


Andando ancora più in profondità per quanto concerne l'importanza del contatto fisico/affettivo nella vita degli esseri umani ho ripensato al folle esperimento, ideato dall’imperatore Federico II di Svevia e ai lavori di Renè Spitz e alla teorizzazione della depressione anaclitica correlata alla mancanza di contatto: Federico II decise di far nutrire regolarmente un gruppo di neonati in assoluto silenzio, i piccoli furono toccati quel minimo indispensabile alle cure igieniche ...l’assenza di contatto fisico e verbale li condusse fatalmente alla morte.

I lavori di Renè Spitz indirettamente confermarono le conclusioni correlate all'esperimento di Federico II ideato per chiarificare controversie di carattere linguistiche: “Spitz condusse, per la prima volta uno studio su bambini abbandonati in orfanotrofio seguendo il metodo scientifico sperimentale. Nello scritto Hospitalism e nel filmato Grief a peril in infancy il ricercatore osservò 91 bambini abbandonati sin dalla nascita in orfanotrofio, nutriti regolarmente ma con scarsi contatti interpersonali. Le nutrici dedicavano qualche carezza ai primi della grande camerata in cui vivevano gli infanti ma per gli ultimi il tempo stringeva e non si andava oltre le minime interazioni necessarie al nutrimento e all’igiene... Dopo 3 mesi di carenza di contatti i bimbi svilupparono una grave apatia, inespressività del volto, ritardo motorio e deterioramento della coordinazione oculare. Nelle loro culle si formò un piccolo avvallamento che li avvolgeva completamente. I piccoli entravano in uno stato che Spitz paragonò al letargo: se ne stavano immobili in quelle nicchie che per molti divennero le loro tombe.

Anche io senza rendermene conto, oberato dal lavoro e soprattutto profondamente influenzato dall'angoscia del contagio, nei confronti di un familiare del quale mi sto prendendo cura, mi stavo comportando, in modo asettico, concentrando la mia attenzione alla prevenzione dal contagio e alla cura del corpo proprio con l'atteggiamento di distacco descritto da Spitz. Tutto questo mi ha fatto vivere in prima persona la tragica esperienza di un essere umano, una persona cara, che in mancanza di vicinanza emotiva e calore umano "decide" di sfilarsi dalla vita; fortunatamente ai primi segnali di un forte disagio ho contattato vari professionisti uno dei quali è riuscito a farsi carico dell'angoscia che stavo provando, a comprendere che il problema non era di carattere fisiologico, mi ha aiutato a capire cosa stesse succedendo a mentalizzare e soprattutto a comprendere nel profondo il significato di un sintomo nei suoi aspetti esistenziali.

Questo fortunato incontro, che mi ha fatto comprendere, in prima persona, quanto sia fondamentale, e in alcuni casi vitale, la capacità di accogliere l'altro.
Nei giorni successivi ho cambiato completamente atteggiamento focalizzando la mia attenzione all'importanza di trasmettere affetto e vicinanza emotiva; i risultati di questo cambio di atteggiamento e di presenza sono arrivati nel giro di poco tempo e la situazione è velocemente migliorata.
Questo tragico evento mi ha permesso di comprendere nel profondo quanto la nostra vita sia strettamente connessa alla nostra dimensione affettiva, emotiva e a quanto possano essere profondi i traumi legati alla mancanza di affetto, di amore e di cure.
 Mi ha consentito, in oltre, di riflettere profondamente su quanto il nutrimento affettivo, fatto di abbracci, carezze, contatto ma anche di comprensione e di spiegazioni sia realmente vitale per l'essere umano e a quanto “deserto emotivo/sentimentale/psichico” tantissime persone abbiano sperimentato in questi mesi di isolamento forzato. L'essere umano con la tecnologia e la scienza è entrato in un sogno di onnipotenza, ma in realta, per nostra sfortuna o fortuna siamo anche molto fragili, ed io ritengo che la capacità di eccettare, riconoscere ed amare questa nostra profonda fragilità sia la nostra vera forza.

Ripensando alla dimensione psicosomatica dell'essere umano e a quanto possa essere stato traumatico questo periodo, soprattutto per la mancanza di una rielaborazione, ho voluto citare il pensiero Freudiano:
Il contributo freudiano si è articolato, oltre che nello studio della nevrosi isterica, anche in quello delle nevrosi attuali, caratterizzate da uno stato di angoscia che si esprime anche attraverso il corpo (Freud, 1901)....... in questo ambito il sintomo non rappresenta l’espressione somatica di una conflittualità psichica, bensì mostra assenza di attività psichica e si costituisce come equivalente somatico di un’ansia indifferenziata.
e ancora....

Pertanto, per Freud il sintomo somatico equivalente dell’angoscia rappresenta una deviazione, dallo psichico al somatico, di uno stato di eccitamento emotivo che non ha accesso alla sfera psichica e non può trasformarsi in rappresentazione mentale (Orlandelli et al., 1998).

Il rischio dal mio punto di vista è che tutti questi elementi traumatici di sofferenza non vengano elaborati, non trovino un pensiero
(...con il termine pensare non mi riferisco a processi mentali astratti bensì all'attività di pensiero come legame umano: lo sforzo di capire, comprendere la realtà, intuire la natura, di se è dell'altro. Pensare è l'esperienza emotiva di cercare di conoscere sé stessi o qualcun altro. Elizabeth Bott Spillius, “Melanie Klein e il suo impatto sulla psicoanalisi oggi”) e rimangano al pari di elementi beta non articolati e quindi non pensati e non pensabili e che questo consolidi l'illusione che la cosa non sia mai accaduta e che non ci sia stato alcun danno, rendendo al contrario i traumi “permanenti” e difficili da trattare; creando probabilmente “una lunga onda di possibili sintomi”.

A riprova di quanto trattato in questo lavoro ritengo che possano giocare a favore, delle varie tesi ipotizzate, i comportamenti totalmente irresponsabili, neganti, quasi acefali di fine lockdown con persone che si riversavano in massa agli aperitivi e nella movida cittadina come se tutto quello che abbiamo vissuto non fosse mai accaduto.

Bibliografia e sitografia:
http://www.ordinepsicologimarche.it/public/uploads/75426x67968.pdf - testo: dr. Mario Fulcheri www.larepubblica.it, “Morire di fame di contatto”, 04,07,2018

www.stateofmind.it, “La natura dell’amore, l’esperimento di H. Harlow” – I grandi esperimenti di psicologia,
www.psicologiamoncalieri.it, Renè Spitz, Ospedalismo, Depressione Anaclitica: ricerca e follow- up.

https://formazionecontinuainpsicologia.it, René Spitz: gli effetti devastante della deprivazione materna
http://www.consecutio.org/2012/02/il-corpo-nella-teoria-della-mente-di-wilfred-r-bion/ Donald W Winnicott, “Dalla pediatria alla psicoanalisi”, Giunti Psychometricsi,
Wilfred Bion, “Riflettiamoci meglio”, Astrolabio Ubaldini collana Psiche e coscienza , 2016 Wilfred Bion, “Second Thoughts” (1967)
John Keats, “Lettere sulla poesia”, Mondadori, Milano 2005
L. Grinberg, D. Sor E. Tabak de Bianchedi, “Introduzione al pensiero di Bion”, Raffaello Cortina, 1993
Umberto Galimberti, “Dizionario di Psicologia”, Utet, 2006
Giorgio Concato, “Manuale di psicologia dinamica”, AlefBet
Gabbard, “Trattamento dei disturbi psichiatrici”, Raffaello Cortina, 2016
Elizabeth Bott Spillius, Melanie Klein e il suo impatto sulla psicoanalisi oggi – Volume primo

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