Varchi - tracce per la psicoanalisi
Varchi n. 21 anno 2019
semestrale del Ruolo Terapeutico di Genova
sognare dopo Freud
scritti sulla vita onirica
EDITORIALE
La vita è sogno, e i sogni, sogni sono
P. Calderon de la Barca
Per molti la Psicoanalisi inizia proprio con un sogno. è il sogno di S. Freud che si svolge nella notte tra il 23 e il 24 luglio del 1895. Ma la psicoanalisi non nasce con una visione onirica di per sè, se fosse stato così sarebbe nata insieme all’umanità!
Con questo sogno (il noto “Sogno dell’iniezione di Irma” che comparirà nell’”Interpretazione dei sogni” scritta nel 1899) abbiamo la prima interpretazione esaustiva di un sogno. è questa una delle rivoluzioni freudiane: il sogno come via regia per conoscere la vita psichica inconscia.
è trascorso più di un secolo da allora. Il sogno in psicoanalisi ha fatto tanta strada. Affiancato dal sogno nella cultura, nella religione, nell’antropologia…nella storia dell’uomo.
Ma anche la nostra vita inizia con un sogno, quello dell’essere sognati da chi ci genera: i sogni e le fantasie dei genitori che prefigurano il proprio figlio o figlia. Dal loro sogno comune, nasceranno anche aspettative, timori, proiezioni e quant’altro fa sì che si possa dire che noi nasciamo da un sogno, che ci precede e che, in parte, ci condiziona. Attraverso un sogno noi esistiamo prima ancora di esistere fisicamente!
E la nostra stessa vita è costituita da frammenti onirici. Del resto Shakespeare recitava che: “Siamo fatti della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita” (Shakespeare, La tempesta).
Sì, perché il sogno ci accompagna sempre. “Sogno o son desto?”, si dice. Ma siamo certi che esista questa antinomia? E i “sogni diurni”, e i sogni ad occhi aperti, e quei sogni così vividi ed emotivamente intensi che rappresentano una vera e propria esperienza di vita, per quanto parallela a quella diurna e “reale”? E le nostre stesse fantasie che ci rapiscono durante le nostre giornate sconnettendoci per un attimo dalla realtà che stiamo vivendo?
Lo psicoanalista Donald Meltzer ha considerato la vita conscia, nello stato di veglia, alla stregua del contenuto manifesto di un sogno. La nostra attività onirica è incessante e onnipresente, malgrado noi.
Questo ventunesimo numero di Varchi vuole provare a declinare l’attività onirica non in tutte le sue accezioni e funzioni possibili ma, più modestamente, in alcuni contesti clinici e antropologici.
Gli articoli di questo numero provano ad offrire un contributo sul sogno visto da differenti vertici di osservazione e relativo a diversi contesti.
Dopo un excursus storico sul sogno in Psicoanalisi della dott.ssa Carola Del Favero, che seleziona alcune delle teorie e pratiche più attuali del “dopo Freud” relativamente all’uso dei sogni nella terapia psicoanalitica, abbiamo l’articolo del Prof. Giulio Cesare Zavattini che lo colloca nella clinica della psicoterapia psicoanalitica di coppia mostrandoci, tra le altre cose, il sogno anche in qualità di fenomeno appartenente alla coppia di partner, ed interpretabile in questo senso anche quando si tratta di un sogno, raccontato in seduta, che è opera di uno solo dei due.
Successivamente troviamo il sogno collegato alla clinica: è la dott.ssa Lia De Micheli, questa volta, che ci accompagna nei sogni di una sua paziente, che chiameremo Emily, e nel lavoro svolto su di essi da terapeuta e paziente.
Ma il terapeuta non sogna? E i suoi sogni possono dirci qualcosa sul proprio lavoro e in particolare su qualche paziente? Ci risponde, con un caso clinico, il Dott. Fabrizio Rizzi: si tratta dei cosiddetti sogni di contro-transfert o sogni dell’analista che hanno come soggetto principale i propri pazienti.
Infine, non poteva mancare una prospettiva antropologica: il sogno in altre culture. Se ne occupa, con significativi esempi e riflessioni, il dott. Mauro Carosio.
Fine del sogno? Non direi. Parafrasando Von Clausewitz, la vita quotidiana potremmo definirla come “una continuazione del sogno con altri mezzi”.
Quindi sogniamo!… pardon, leggiamo… O tutti e due.
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